Direi che l’argomento del mese di Marzo è stato, senza ombra di dubbio, il settore bancario. L’ultima volta che una banca americana è fallita, 15 anni fa, si è innescata una crisi finanziaria che ha trascinato con sé le economie reali portando alla chiusura di migliaia di aziende e alla perdita di milioni di posti di lavoro al di là e al di qua dell’oceano. Sta per succedere di nuovo?
Non molto probabile direi: le condizioni sono profondamente diverse, come diverse sono le motivazioni che hanno portato alle diverse vicende. Resta comunque il fatto che il mondo finanziario è estremamente sensibile a due cose: fiducia e paura. Se la paura supera la fiducia può succedere qualsiasi cosa. Almeno nel breve termine.
Partiamo da Silicon Valley Bank, una delle prime 20 banche americane con oltre 200 miliardi di attività complessive.
Una banca specializzata nei servizi finanziari alle imprese tecnologiche e alle start-up alle quali offriva anche eventi e programmi atti a reperire talenti e programmi di sostegno alle competenze ed alla rete di contatti con partner e finanziatori.
Grazie alla grande crescita del settore tecnologico (e all’abbondanza di denaro sul mercato), tra il 2019 e il 2022 i depositi sui conti di SVB sono triplicati, passando da poco meno di 65 MLD a quasi 200 Mld.
Una montagna di denaro da cui ricavare profitto (le banche sono aziende che devono fare utili, non enti di beneficenza). Quindi? Speculazioni folli? Prestiti a rischio? Derivati? Investimenti in ipotetici unicorni?
Nulla di tutto questo: titoli di stato americani. Probabilmente l’investimento più prudente che esista al mondo. Che il tesoro Usa non rimborsi i propri debiti è un evento possibile ma direi assolutamente poco probabile.
Per qualche anno le cose sono andate così:
- I clienti depositavano decine di miliardi presso SVB che, dato il momento, non pagava interessi o pagava nell’ordine dello zero virgola;
- SVB investiva quegli stessi miliardi in titoli di stato americani, a rimborso praticamente certo tra 5 o dieci anni, a prezzi alti, incassando un interesse dell’1,5% circa (che su miliardi ha il suo valore).
Poi è arrivato il 2022, l’inflazione ha iniziato a ruggire e la Fed ad alzare i tassi di interesse. E tanto più i tassi aumentano, tanto il prezzo dei titoli di stato diminuisce in proporzione alla lunghezza del titolo.
Sono quindi apparse all’orizzonte, anche per i depositanti, delle opportunità di utilizzo della liquidità più profittevoli che il tasso zero dei conti correnti. Senza contare che i rialzi dei tassi hanno colpito duro anche le società tecnologiche, spesso non consolidate, che in ogni caso devono pagare gli stipendi e non solo, per continuare a crescere e superare il momento.
Per far fronte ai prelievi SVB doveva vendere le obbligazioni. Però ad un prezzo di 20 o 30 punti al di sotto di quello di acquisto. Ed ancora lontane dalla scadenza.
La crisi è servita: nel mondo tecno, le notizie si diffondono rapidamente, parte la corsa agli sportelli (anzi al click con bonifico). Tutti salvi solo grazie all’intervento della FED che salva tutti i depositanti per qualsiasi importo, anche quello eccedente i 250.000 USD.
Perdono invece i loro soldi azionisti e obbligazionisti.
E questo ci porta dall’altra parte dell’oceano, nella ridente Svizzera, dove la notizia del fallimento della banca americana ha sostanzialmente portato al fallimento (e nuovamente al salvataggio) una delle banche considerate troppo grandi per fallire: Credit Suisse.
Se l’errore di SVB è stato non saper gestire il rialzo dei tassi (il che denota una dirigenza completamente incompetente), le debolezze di Credit Suisse nascono da lontano e derivano da qualsiasi cosa possa venirti in mente nella gestione disinvolta di un istituto di credito: illeciti, sanzioni, riciclaggio, frode, spionaggio aziendale e via discorrendo. Da tempo tenta una ristrutturazione ma anche nel 2022 il suo bilancio si era chiuso con più di 7 MLD di perdita e l’azionista principale (la Banca Nazionale Saudita) ha dichiarato di non voler ricapitalizzare l’istituto.
Questo aveva già portato le azioni di Credit Suisse a perdere il 90% del valore negli ultimi 12 mesi e solo l’intervento del governo e della banca centrale svizzera hanno portato ad un acquisto sul filo di lana dell’istituto da parte di UBS. Che ha sborsato 3mld per una banca che 15 anni fa ne capitalizzava 70.
Chi ci ha rimesso?
- Gli azionisti che incassano le briciole di quanto investito;
- Gli obbligazionisti subordinati AT1 (obbligazioni ad alto rischio/rendimento emesse proprio per fare da cuscinetto in caso di dissesto finanziario): completamente azzerati;
- Si salvano gli obbligazionisti senior;
- Nulla accade ai correntisti, per qualsiasi importo sul conto corrente.
Cosa c’entra tutto questo con la tua finanza personale? Tantissimo.
Andiamo per gradi:
- Credo di averlo già detto in tutte le salse: l’investimento privo di rischio NON esiste. Esistono diversi livelli di rischio e di diverso tipo. Nel caso dei titoli del tesoro americano non sarebbe successo nulla se le obbligazioni fossero state portate a scadenza perché il “rischio credito”, ovvero quello di mancato rimborso sono quasi nulle. Ma il “rischio tasso” lo si corre comunque nel caso in cui non si possa portare l’investimento a scadenza;
- L’unico pasto gratis in finanza è la DIVERSIFICAZIONE: se il management della banca avesse diversificato i suoi investimenti obbligazionari (quindi sempre prudenti) su brevissimo, medio, lungo termine, a tasso fisso e variabile e inflation linked forse le cose sarebbero andate diversamente (pur abbassando certamente la redditività);
- Le esigenze di brevissimo termine si gestiscono con la liquidità. Punto. E la liquidità sono soldi spendibili e trasferibili subito. Al limite possiamo farci rientrare i conti deposito e le obbligazioni a 12 o 18 mesi. Tutto il resto è investimento. A breve ma investimento.
- Le banche NON sono tutte uguali. E NON sono un matrimonio ma un fornitore di servizi. Per quanto i correntisti siano fortemente tutelati, se scelgo un fornitore DEVE essere solvibile e DEVE offrirmi servizi di qualità.
- Essere clienti di una banca è completamente diverso da esserne azionista o obbligazionista. Decidi con grande attenzione cosa vuoi essere:
- Se sei azionista sei un socio: partecipi agli utili, prendi i dividendi. Ma perdi tutto o quasi se la banca fallisce o viene venduta in crisi.
- Se sei un obbligazionista subordinato, a seconda del grado di subordinazione, sei un creditore con rischi elevati in caso di problemi (per questo percepisci interessi più alti).
- Se sei un obbligazionista senior sei comunque un creditore con un privilegio rispetto ai creditori subordinati. Ma se il debitore (la banca) è in difficoltà non è detto che tutto il credito venga rimborsato.
- Da cliente, i soldi sul tuo conto sono garantiti dal fondo di tutela fino a 100.000 euro, oltre quella cifra saresti comunque l’ultimo a rischiare. Restano fuori da qualsiasi possibilità di essere coinvolti nel fallimento tutti gli strumenti finanziari sul deposito amministrato e quanto depositato nelle cassette di sicurezza.
Non sto dicendo che non devi comprare mai né azioni né obbligazioni né certificati delle banche: sto dicendo che vanno trattate come qualsiasi altro investimento su una singola società o un singolo emittente.
- Il rischio non è solo l’oscillazione dei mercati azionari. Smetti di pensare che la volatilità di breve delle Borse (difficile da gestire, lo so) sia da evitare a tutti i costi mentre sottovaluti rischi ben peggiori senza troppi pensieri, solo perché si tratta di obbligazioni:
- Rischio interesse perché il btp a 30 anni rende più di quello a 3.
- Rischio valuta perché l’obbligazione in Lire Turche ha la cedola altissima,
- Rischio credito perché l’obbligazione BBB rende più di quella AAA.
Mettiamola così: i rischi sono inevitabili. Ma ci sono rischi che vale la pena di correre, perché offrono delle concrete possibilità, e rischi che non vale la pena di correre. Investire su un listino azionario per andare in pensione tra vent’anni con tranquillità è un rischio bilanciato dall’opportunità di non passare una vecchiaia di stenti. Rischiare di rimanere incastrato per 30 anni su un titolo perché oggi mi rende l’ 1% in più, anche no, grazie.
Resta da vedere cosa accadrà, se gli interventi messi in atto fino ad ora saranno sufficienti ad evitare contagi e se questo fermerà in qualche modo anche le manovre delle banche centrali sui tassi (visto che l’inflazione dà segni di cedimento, seppur non esaltanti). In tal caso sarà stato solo un momento di ulteriore confusione in un periodo incerto. Vedremo.
Se cade un meteorite, se scoppia un conflitto nucleare, se il sistema bancario crolla non esiste un solo asset al mondo che possa salvarti che non siano un bunker, un sistema di coltivazione, qualche animale da cortile e una grande capacità di convincere gli altri, con le buone o con le cattive, a non portarti via tutto tagliandoti la gola. Possibile forse. Ma molto poco probabile.
Restando nel mondo reale valgono sempre le solite regole di controllo della situazione personale:
- Liquidità e riserva sufficienti.
- Ampia diversificazione del patrimonio.
- Se c’è un eccesso di liquidità l’obbligazionario a breve offre tassi che coprono parte dell’inflazione senza correre troppi rischi.
- I momenti di forte volatilità sono interessanti in ottica di accumulo: la diversificazione degli investimenti è anche temporale non solo per asset. Perché tra il 2008 e il 2011 qualcuno ha gridato alla fine del mondo: ma usando lo specchietto retrovisore, a quegli anni terribili è seguito più di un decennio di crescita quasi ininterrotta. E allora, fra 10 anni, potresti morderti le mani per avere avuto paura invece di avere un (sensato e calcolato) coraggio.
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