Avevo preparato questa edizione straordinaria ieri, domenica 6 aprile, e questa mattina i giornali riportano la notizia di un calo pesante in chiusura di tutte le borse asiatiche.
Il che fa supporre una giornata pesante anche in Europa e negli Usa. Ma cosa sta succedendo? Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Chiaramente la causa è l’annuncio di una nuova ondata di dazi commerciali firmati da Donald Trump, accompagnata da una narrazione populista che ha ribattezzato questa operazione come “Il Giorno della Liberazione degli USA”.
Una narrazione che ha trovato immediato scontro con la realtà dei mercati: Nasdaq, S&P500 e perfino il più solido Dow Jones hanno registrato cali significativi, trascinando con loro tutte le borse mondiali e coinvolgendo materie prime e petrolio.
Al contrario, l’oro e gli altri beni rifugio hanno mantenuto la loro forza, mentre il dollaro ha perso terreno contro le principali valute.
Ma cosa c’è davvero dietro questo piano?
Trump ha introdotto una nuova ondata di dazi basandosi su un indice di "slealtà" economica calcolato in modo completamente arbitrario e privo di fondamento. Il ragionamento è il seguente: si prende il deficit commerciale USA del 2024 con un determinato Paese, lo si divide per le importazioni USA da quello stesso Paese e il risultato, trasformato in percentuale, rappresenterebbe il “grado di cattiveria” di quella nazione nei confronti degli Stati Uniti.
Nel caso dell’Unione Europea, ad esempio, il deficit di 235,6 miliardi di dollari su importazioni per 605,8 miliardi ha prodotto un indice di slealtà del 39%. Trump ha quindi deciso di arrotondarlo e applicare un dazio del 20% su una vasta gamma di prodotti europei. Una logica che - diciamolo chiaramente - non reggerebbe nemmeno a un compito in classe di mia figlia in terza liceo.
E come spesso accade, l’economia vera non perdona.
I mercati finanziari non si fanno abbindolare dalla propaganda.
Così il piano ha ricevuto una sonora bocciatura immediata: forti ribassi sugli indici mondiali, vendite sulle materie prime industriali, petrolio in calo per i timori di recessione, oro in volata, dollaro in discesa. Il tutto mentre il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, si trova a dover navigare in mezzo alla nebbia, senza indicazioni chiare su come procedere con la politica monetaria.
Ma non è finita qui.
La Cina ha già risposto con dazi del 34% sulle importazioni USA, e si attende ora una reazione da parte dell’Unione Europea. Al momento le voci che circolano parlano di una posizione attendista e orientata alla negoziazione, ma è evidente che l’Europa dovrà trovare presto una risposta unitaria, se non vuole perdere credibilità.
Il vero problema di fondo è che la logica dietro questa nuova guerra commerciale è ideologica, distorta e controproducente. Paesi come l’Italia, che esportano prodotti di alta qualità molto apprezzati dagli americani (come i nostri alimentari), si ritrovano ora nel mirino. Secondo la visione di Trump, ogni squilibrio commerciale va punito con un dazio, anche se si tratta semplicemente di un consumatore americano che preferisce comprare una bottiglia di vino italiano piuttosto che un prodotto locale. Il risultato? Prezzi più alti per tutti e una spinta inflazionistica che penalizza proprio il cittadino medio americano che Trump sostiene di voler proteggere.
Cosa possiamo aspettarci?
Certamente una forte volatilità, con i mercati che cercheranno di capire quanto in là si spingeranno le contromisure dei Paesi colpiti. Ogni nazione agirà secondo la propria forza e strategia, tra chi risponderà subito con dazi e chi cercherà il confronto diplomatico. Ma non c’è dubbio che si andrà verso una fase di tensioni commerciali e politiche molto accese.
In questo momento, tipicamente e come nella loro natura, i mercati, con cali di questa portata, sembrano scontare lo scenario peggiore possibile, ovvero una totale rigidità da parte degli Usa a negoziare, una escalation di ulteriori dazi e/o altre misure protezionistiche che potrebbero innescare una recessione globale significativa. I PIL nazionali potrebbero contrarsi a causa di una combinazione di elevata inflazione, calo dei consumi e difficoltà nel commercio internazionale.
Diciamo uno scenario da 2008.
Scenario che comunque, anche in caso di una guerra commerciale su larga scala, potrebbe essere mitigato da politiche monetarie e fiscali di supporto messe in atto dalle banche centrali e dai governi dei Paesi. Certo, non sarebbe possibile annullare l’effetto dei dazi sulle catene di approvvigionamento e sui costi. L’inflazione soprattutto negli Stati Uniti sarebbe difficilmente controllabile. Tassi fermi o in rialzo porterebbero gli Usa in una recessione economica moderata rischiando di trascinare con loro le altre economie.
Considerate però anche le esternazioni di Trump, che vanta di avere la fila fuori dalla porta, lo scenario più probabile resta una negoziazione tra i tre attori principali (USA, Cina, UE) per evitare i danni di una prolungata guerra di tariffe reciproche.
Credo che nessuno si illuda che tutto tornerà come prima. La cooperazione potrà funzionare su alcuni temi commerciali in modo da limitare i danni ad un rallentamento economico, evitando del tutto una recessione ma non risolverà i conflitti ideologici e di politica interna ed esterna.
Da maggio in poi potrebbero iniziare i primi segnali di distensione, con trattative in corso per ridimensionare – si spera – le misure più estreme di questa grottesca tabella dei dazi. Ma tutto dipenderà dalla pressione che i mercati e l’elettorato eserciteranno sulla leadership americana. Perché se è vero che i fan di Trump credono nel miracolo, è altrettanto vero che quando gli effetti si fanno sentire sul portafoglio e al supermercato, l’entusiasmo tende a sgonfiarsi in fretta.
In mezzo a tutto questo, la nostra bussola rimane la stessa: prudenza, visione e capacità di distinguere i rumori di fondo dalle reali opportunità.
Qualche consiglio?
- Prenditi una pausa dalle notizie e spegni il pc: i titoloni da miliardi bruciati e crolli epocali sono buoni a creare ansia ed acchiappare click.
- Controlla le emozioni: le crisi fanno parte della vita dei mercati. Chi ha un piano costruito su obiettivi reali e diversificazione, non ha bisogno di rincorrere il panico.
- Verifica la tenuta del piano: questo è il momento giusto per rivedere la tua pianificazione. Gli obiettivi sono ancora gli stessi? I tempi sono cambiati? Serve fare aggiustamenti?
- Mantieni una quota di flessibilità e liquidità: avere riserve pronte non è solo rassicurante, ma può permetterti - se lo vorrai - di cogliere opportunità di ingresso future, con logica e strategia.
Sì, perché mentre molti si fanno prendere dal panico, chi ha una strategia e la segue con disciplina può approfittare di questi momenti di discesa dei mercati per cogliere buone occasioni, soprattutto su titoli e settori che restano solidi nonostante la tempesta.
Restiamo connessi, restiamo lucidi, e come sempre… restiamo investiti con intelligenza.
