Negli ultimi mesi, per una triste congiuntura astrale, mi sono trovata ad accompagnare famiglie colpite da lutti. Sia nella mia vita privata, sia nel mio lavoro di consulente.
E non parlo solo di anziani con patrimoni importanti o quadri familiari complessi. Sono mancate persone di ogni età, condizione e livello di ricchezza.
E sai qual è stato il denominatore comune in molti di questi casi? L’assenza totale di indicazioni.
Nessun testamento, nessuna volontà espressa, nessuna guida lasciata a chi resta.
In questi casi, la successione segue le regole “di default”: le quote di legittima. Un meccanismo pensato per tutelare ma che spesso lascia fuori affetti importanti, peggiora conflitti familiari e vanifica scelte che una persona avrebbe potuto (e voluto) fare in piena libertà. Il fatto è che la successione regolata per legge è diventata la norma quando invece dovrebbe essere l’eccezione.
Ecco allora tre storie vere, rielaborate per riservatezza, che mostrano cosa può accadere quando si rinuncia a pianificare.
E perché un testamento fatto con criterio può evitare problemi enormi a chi resta.
“Tanto ci pensa lui” – Quando chi ha dato tutto resta indietro
Due figli, entrambi eredi legittimi.
Ma solo uno c’era davvero: ha seguito la mamma nei lunghi anni di malattia, con dedizione. Si è occupato della casa, della burocrazia, delle cure. L’altro vive lontano. Si presenta a Natale. Un anno sì e uno forse. Sempre troppo preso, sempre con altro da fare.
Alla fine, nessun testamento. La legge fa il suo corso: mezza eredità ciascuno.
L’eredità comprende una casa a Milano, valutata 600.000 euro a cui il primo figlio è affezionato e che vorrebbe mantenere. Magari da mettere a reddito, per integrare il proprio stipendio, visto che ha figli ed è l’unico a lavorare stabilmente. Ma l’altro fratello vuole incassare subito.
Il patrimonio mobiliare, circa 300.000 euro, non è irrilevante. Ma diviso in due non basta per compensare l’altro.
Morale? O si vende tutto o si litiga. O ci si indebita, con un reddito basso.
Chi ha dato di più, rischia di perdere anche di più.
Un’ingiustizia doppia: nei numeri e nei sentimenti.
E tutto per non aver scritto poche, semplici righe.
“Tanto basta la pensione” – Quando il coniuge resta senza liquidità
Una coppia di pensionati.
Lui prendeva 1.300 euro al mese, lei solo la pensione sociale. Vivevano in un appartamento di proprietà di lui (valore stimato: 200.000 euro) e avevano messo da parte circa 150.000 euro in banca.
Due figli. Uno piuttosto disinteressato, spesso a corto di soldi. L’altro vive all’estero e si fa vedere poco.
Quando il marito muore, nessun testamento.
Ecco cosa accade:
- La casa e i 150.000 euro vanno per 1/3 alla moglie
- I restanti 2/3 sono divisi tra i due figli
Tutto finisce in comproprietà: la casa, i soldi, le decisioni.
Risultato?
La moglie, pur continuando a vivere nella casa, non può venderla né affittarla senza il consenso dei figli. E i conti? Anche quelli sono “condivisi”: lei riceve solo 50.000 euro, mentre il resto finisce nelle mani dei figli. Che non è affatto detto che la sostengano.
La pensione è bassa. La casa c’è, ma non si mangia. E la libertà di decidere? Svanita.
Due righe avrebbero permesso di mettere al centro chi è più vulnerabile.
“Avevamo tutto. Tranne un testamento.”
Cinquantenni.
Lui, dentista con uno studio privato. Una buona clientela, un reddito importante. Lei, piena di energia, sempre con lo zaino pronto. Anima d’artista con contratti occasionali. Una coppia affiatata, insieme da trent’anni.
Niente figli, ma tante passioni: trekking, mare, vela. Tre case: città, montagna, mare.. e una barca, “Peppa”, che chiamavano la quarta casa.
Un patrimonio ben costruito: 500.000 euro tra conti correnti, titoli e investimenti.
Avevano costruito tutto insieme. In due. E felici di esserlo.
Poi, lui muore all’improvviso. E la realtà legale prende il sopravvento.
La moglie, con cui ha condiviso tutto, non eredita tutto.
C’è una madre anziana, ricoverata con l’Alzheimer. Non si occupava più di nulla da anni, ma esiste. E ha diritto a una quota.
Ci sono due sorelle, con cui non c’erano rapporti da vent’anni. Anche loro esistono. E la legge le considera eredi.
Risultato:
- 2/3 del patrimonio vanno alla moglie
- 1/4 alla madre
- 1/12 a ciascuna sorella
Una divisione fredda e automatica, che nulla ha a che fare con gli affetti reali.
Le case finiscono in comproprietà. Come la “Peppa”, la loro amata barca, tutto ha più padroni: la moglie, il tutore della madre (una delle sorelle), le sorelle stesse.
E lei si ritrova a dover trattare con chi non ha mai voluto far parte della sua vita.
Quelli che hai appena letto sono casi semplici. Coniugi, figli, genitori.
Ma oggi le famiglie raramente sono così lineari. Ci sono divorzi, separazioni, convivenze, famiglie allargate, figli di diverse unioni e matrimoni che durano. Ma anche no.
E allora ti chiedo, con tutta la leggerezza possibile: sei proprio sicuro di aver pensato a tutto?
E sono patrimoni semplici. Qualche immobile, denaro investito o contante. E se ci sono aziende, interessi, partecipazioni? Non servono patrimoni da copertina per riflettere su cosa accadrà "dopo".
Basta voler fare le cose bene.
Perché anche senza ledere i diritti di nessuno, e restando pienamente nella legge, si può costruire qualcosa che sia davvero il più possibile vicino ai propri desideri.
E no, non serve avere già tutte le risposte. A volte basta solo fare chiarezza. Capire quali sono le opzioni, cosa si può fare e da dove cominciare.
Io sono qui anche per questo:
non per sostituirmi ai notai o agli avvocati, ma per aiutarti a ragionare con lucidità e consapevolezza, nel rispetto della tua storia e di chi ne farà parte, anche dopo di te.
Poi, se serve, i professionisti giusti li troviamo insieme.
