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Dopo un primo semestre complesso i mercati azionari, ignorando il difficile contesto economico e geopolitico, continuano a registrare aumenti importanti.

Per una volta è il nostro FTSE MIB a guidare la classifica con un +23,17%, seguito dal DAX tedesco con +17,30%. Anche gli indici statunitensi, S&P 500 e NASDAQ, hanno mostrato crescite significative (+12,33% e +15,66%). Più moderati l’Euro Stoxx 50 e il CAC 40 francese, mentre il Nikkei 225 giapponese ha segnato un +12,27%.

Un andamento che può sembrare illogico: nel 2022 l’inizio della guerra in Ucraina aveva portato a un calo vicino al 20%; poco meno avevano fatto le dichiarazioni di Trump ad aprile scorso. Oggi la Russia sfida apertamente la NATO e le misure americane sono percepite come recessive.

Cosa succede?

Succede che il mercato fa il mercato: reagisce a una frase di una banca centrale, a una decisione politica o a un dato macroeconomico, creando aspettative e provando a indovinare il futuro. È imprevedibile e soggetto a scossoni anche pesanti.

Eppure, dietro questa volatilità, i mercati stanno guardando oltre: cercano di anticipare le grandi trasformazioni di lungo periodo, in particolare quelle legate alla produttività.


Oggi ce ne sono tre che vale la pena osservare con attenzione:


1. L’intelligenza artificiale: dalla promessa ai risultati

Per anni l’IA è stata raccontata come “il futuro”. Oggi quel futuro è già realtà.

Le grandi aziende non solo investono miliardi in infrastrutture tecnologiche, ma iniziano a raccogliere ritorni concreti: utili più alti, margini più solidi, nuovi modelli di business.

  1. Microsoft, con Azure, ha superato i 75 miliardi di dollari di fatturato annuo nel cloud, +39% in un solo anno.
  2. Meta ha visto crescere gli utili del 36% grazie a sistemi di IA che ottimizzano pubblicità e coinvolgimento degli utenti.


Il messaggio è chiaro: l’IA non è più solo ricerca, ma già generatrice di profitti.

E quando questi vengono reinvestiti in crescita, infrastrutture e occupazione si crea un circolo virtuoso che può durare anni.


2. Infrastrutture europee: un volano per la crescita

Siamo abituati a leggere di Europa come sinonimo di deficit, debito e lentezza decisionale. Lo stesso Draghi, nel suo discorso del 16 settembre, ha sottolineato i rischi di irrilevanza del nostro continente. Eppure c’è un’altra faccia: il 16 luglio la Commissione Europea ha presentato il bilancio 2028-2034, quasi 2.000 miliardi di euro destinati a infrastrutture energetiche, digitali e di difesa.

Anche i singoli Paesi si muovono: la Germania ha creato un fondo speciale da 500 miliardi e oltre 60 aziende hanno annunciato 631 miliardi di investimenti privati nei prossimi tre anni.

Parliamo di migliaia di miliardi che rinnoveranno reti di trasporto, accelereranno la transizione energetica e rafforzeranno la sicurezza, restituendo competitività a un’Europa rimasta indietro. Non solo spesa pubblica: un impegno che stimola lavoro, capitali privati e opportunità per le imprese.

Un’onda destinata a durare decenni.


3. Blockchain e finanza digitale: dal margine al centro

Le criptovalute non sono più solo terreno per pionieri. La blockchain è entrata nel cuore della finanza tradizionale.

  1. JPMorgan ha processato oltre 1.500 miliardi di dollari di transazioni istituzionali su blockchain.
  2. HSBC ha lanciato una piattaforma di oro tokenizzato.
  3. Goldman Sachs e Lloyds hanno sperimentato cambi valutari tramite asset digitali.


Non si parla più di speculazioni su singole monete, ma di infrastrutture che potrebbero diventare lo standard dei pagamenti e della gestione finanziaria. È un cambiamento lento, ma irreversibile.

Questi tre trend hanno un denominatore comune: sono movimenti di lungo periodo.

Non dipendono da un’elezione o da un dato trimestrale, ma stanno già riscrivendo le regole del gioco e continueranno a farlo negli anni a venire.

La volatilità di breve è inevitabile e rumorosa. Ma i mercati, pur tra scossoni anche violenti, provano a guardare oltre: anticipano il futuro e scontano fin da oggi quei trend strutturali di produttività che cambieranno l’economia.

Per noi investitori questo significa una cosa sola: imparare a distinguere tra rumore e trasformazioni profonde. Solo così possiamo costruire portafogli solidi e resilienti, capaci di crescere insieme al mondo che cambia.

Difendere il capitale non significa tenersi lontani dall’azionario, perché sarebbe come rinunciare alla crescita. Significa piuttosto inserirlo in portafoglio nel modo giusto, conoscendo il proprio profilo di investitore, i propri obiettivi e il tempo che si ha davanti. È questo il senso della pianificazione: trasformare i mercati da fonte di incertezza a strumento per costruire il futuro che desideri.

Ed è qui che entra in gioco la pianificazione: definire obiettivi, scegliere strumenti coerenti e mantenere la rotta anche quando il mare si agita. Perché prima o poi si agiterà di nuovo.

Ma non si fermeranno le correnti più profonde e potenti.

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