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Partiamo dalla notizia del giorno: l’entrata in vigore dei dazi, inizialmente prevista per oggi, 1° agosto, slitta al 7 agosto

Trump non si smentisce mai!!

Per l’Unione Europea, però, cambia solo la data: resta confermato il 15% sulle esportazioni verso gli Stati Uniti.

Regge quindi l'accordo tra Usa e Unione Europea, stipulato sul filo di lana per evitare il peggio (si parlava di tariffe al 30%), ma lascia l’amaro in bocca: i dazi sono triplicati (le tariffe medie europee erano il 4,8%) e colpiscono settori fondamentali del Made in Europe: auto, farmaci, beni industriali, semiconduttori.

L’Europa ha firmato per “garantire stabilità e prevedibilità”, ma la sensazione è che si sia accettato il meno peggio (e, parere personale, che l’Europa non abbia realmente alcun vero potere contrattuale e sia costretta ad accettare il ricatto Trump. Ma questa è una mia personalissima sensazione).

Grata dello sconto, l’Europa si impegna ad acquistare 750 miliardi di dollari in prodotti energetici americani (e armi) e a investire 600 miliardi di dollari negli Usa.

E per l’Italia, che nel 2024 ha esportato verso gli USA per oltre 66 miliardi di euro, le conseguenze potrebbero essere pesanti. Le stime parlano di un possibile impatto negativo fino a 22 miliardi di euro.

All’annuncio dell’accordo, i mercati avevano reagito con un sollievo moderato: evitare lo scenario più duro aveva ridato un minimo di fiducia agli investitori, ma il quadro resta complesso. La situazione globale, infatti, è tutt’altro che tranquilla.

Tutto è cominciato il 2 aprile, con l’annuncio dei nuovi dazi statunitensi: quel giorno è stato ribattezzato “Liberation Day”, ma per i mercati si è tradotto nel peggior ribasso dal 2020. Da lì in poi, è cominciato un balletto di cui non siamo ancora certi di aver visto i passi finali. 

I dazi sono stati inaspriti con Canada e altri Paesi. E se non si arriva a un’intesa potremmo assistere a nuove escalation tariffarie, con impatti forti sulle catene di approvvigionamento globali.

A rendere il quadro ancora più instabile, ci sono le pressioni politiche dell’amministrazione Trump anche sull’operato della Federal Reserve, chiamata a decidere nelle prossime settimane se mantenere i tassi invariati nonostante un’inflazione americana ancora sopra i target.

Il tutto mentre il dollaro si è indebolito rispetto all’euro, perdendo oltre il 10% dall’inizio dell’anno: un segnale che i mercati stanno digerendo con fatica il mix tra debito pubblico, dazi e incertezze politiche.

Sul fronte geopolitico, i focolai non mancano:

  1. Tra India e Pakistan, un attentato ad aprile ha scatenato uno scambio militare che si è fortunatamente fermato dopo tre giorni. Ma la tensione resta altissima.


  1. Tra Iran e Israele le trattative sul nucleare si sono interrotte dopo un attacco mirato. L’Iran ha minacciato di chiudere lo Stretto di Hormuz, da cui passa il 20% del petrolio mondiale. È solo una minaccia, per ora. Ma se dovesse diventare realtà, l’impatto su energia e inflazione sarebbe immediato. 


  1. Il Medio Oriente continua a vivere una fase di incertezza (e di disumanizzazione, consentitemelo) senza segnali chiari di distensione.


  1. La guerra tra Russia e Ucraina, che continua ad avere un impatto significativo, non solo per le implicazioni umanitarie, ma per le conseguenze su gas, grano, fertilizzanti e stabilità energetica europea. La dipendenza residua dal gas russo, i cambi di rotta geopolitici e l’equilibrio dell’Europa dell’Est restano fattori chiave che influenzano l’inflazione e i costi di produzione. 


E mentre i leader mondiali si preparano ai grandi summit di novembre (COP30 in Brasile e G20 in Sudafrica), i mercati guardano con attenzione alle trattative ancora in corso.

Gli analisti di S&P Global, Lazard e BlackRock segnalano 5 rischi principali da tenere d’occhio:

  1. un’escalation USA-Cina;


  1. possibili shock energetici legati a Hormuz;


  1. ingerenze politiche sulla politica monetaria USA;


  1. attacchi cyber sempre più sofisticati;


  1. e una crescente frammentazione del commercio globale, con tanti piccoli accordi bilaterali che mettono a dura prova le catene del valore.


Insomma: lo scenario resta aperto, i margini di incertezza non mancano e i mercati potrebbero ancora cambiare direzione più di una volta nei prossimi mesi.


Ma il punto è questo: non possiamo controllare cosa farà il mercato.

Quello che possiamo controllare è come reagiamo.

E allora, prima di partire o prima di tornare al sole in spiaggia, a camminare in montagna o a scoprire qualche luogo esotico o una bella città, ti invito a fare una pausa attiva.

Fermati un momento. Guardati intorno.

Il tuo portafoglio, le tue priorità, i tuoi obiettivi sono ancora allineati?

Hai bisogno di aggiustare qualcosa?

Oppure puoi goderti il riposo sapendo di avere una rotta ben tracciata?

Se vuoi parlarne insieme, sai dove trovarmi.


Buon agosto e buone vacanze!

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