Il mese di maggio si è chiuso con una notizia importante: la Corte del Commercio Internazionale
ha giudicato illegittimi i dazi voluti da Trump, un duro colpo al suo utilizzo aggressivo del potere
esecutivo. Tuttavia, meno di ventiquattro ore dopo, la Corte di Appello Federale ha sospeso la
sentenza. La partita, ora, si gioca sul terreno legale.
Solo una settimana prima, la Camera ha approvato (con un solo voto di scarto) una legge di
bilancio controversa, figlia della sua campagna elettorale, che include:
- massicci tagli fiscali generalizzati;
- una riduzione di 800 miliardi ai finanziamenti per Medicaid, unica salvaguardia sanitaria
per le famiglie a basso reddito;
- meno incentivi per le energie rinnovabili, un vero colpo di scure;
- un conseguente netto aumento del debito pubblico.
Intanto, il fronte repubblicano mostra crepe significative. Anche Elon Musk si è smarcato,
paventando rischi di bancarotta per gli Stati Uniti e una fuga dal dollaro.
Le agenzie di rating confermano il clima di sfiducia: Moody’s ha tolto l’ultima “tripla A” agli
USA, segnalando un deterioramento della solidità fiscale.
E mentre in passato, nei momenti difficili, si assisteva a una corsa ai Treasury (i titoli di Stato
americani, diciamo il Btp Usa, considerati un rifugio sicuro), oggi si osserva l’opposto: una fuga
vera e propria.
Anche Cina e Giappone, storici acquirenti del debito americano, stanno riducendo i propri
acquisti. E se i tassi dovessero impennarsi, la gestione del debito USA potrebbe complicarsi
ancora: gli interessi pesano già per il 14% delle entrate fiscali.
La confusione (termine generoso) sui dazi, tra annunci, rinvii e sospensioni quotidiane, sta
creando un clima di incertezza per le imprese, che reagiscono accumulando scorte, rallentando
gli investimenti e rimandando decisioni chiave. I dati economici iniziano a riflettere questa
tendenza, con segnali di rallentamento della crescita nel medio termine.
Persino il primato globale del dollaro inizia a scricchiolare:
- l’oro viene acquistato in massa dalle banche centrali,
- il renminbi cinese viene sempre più usato nelle transazioni energetiche,
- l’euro guadagna fiducia grazie alle emissioni di debito comunitario.
Il quadro complessivo racconta una crisi politica americana che rischia di propagarsi
all’economia globale e una crescente sfiducia nelle istituzioni e nelle valute storicamente
dominanti.
Per ora i mercati, dopo il colpo assorbito con il cosiddetto “Liberation Day” di aprile, sembrano
relativamente tranquilli. Ma è bene non farsi ingannare: sappiamo che i mercati possono
trasformarsi rapidamente in spugne di paura e acceleratori di instabilità.
Lo sa bene anche Trump su cui aleggia ben più di un sospetto di conflitto di interesse e
manipolazione del mercato a fine di arricchimento personale. Ma questo è il quadro.
🔎 E allora, cosa possiamo fare noi?
La risposta è più semplice di quanto sembri: restare lucidi, costruire portafogli solidi, non cedere
all’emotività.
E soprattutto, diversificare. Sempre.
Diversificare:
- per tempo (investendo con orizzonti diversi),
- per strumento (azioni, obbligazioni, liquidità, investimenti alternativi),
- per area geografica (non puntare tutto su una singola economia. No, nemmeno quella Usa),
- e per settore (tecnologia, energia, salute, ecc.).
Una strategia diversificata non elimina i rischi, ma li diluisce e li rende più gestibili. E questo,
oggi più che mai, è fondamentale.
In tempi turbolenti, è facile lasciarsi trasportare da emozioni forti. Ma le decisioni migliori, in finanza
come nella vita, nascono dalla chiarezza e dalla coerenza con i propri obiettivi.
Come sempre, sono qui per aiutarti a fare proprio questo.
Prenota una consulenza gratuita e scopri come possiamo costruire insieme un percorso finanziario su misura per te.
Il primo passo è fare chiarezza. Il secondo, farlo insieme.
Se questo articolo ti è piaciuto iscriviti alla newsletter LA FINANZA CHE CONTA.
